Alessandro Antonucci

Alessandro Antonucci | A spasso tra gli ulivi

di Giulia Santambrogio

Ho avuto l’onore e la gioia di fare quattro chiacchiere con Alessandro Antonucci, artista abruzzese che vive e lavora a Corfinio (AQ). Il confronto con lui mi ha permesso di capire il profondo legame che lo lega alla natura e il rapporto che con essa vuole intessere attraverso le sue opere d’arte. Partendo da domande specifiche intorno al tema da noi trattato, il dialogo con Alessandro è diventato un unico grande e meraviglioso discorso intorno alla Natura e al significato che ha per lui l’Arte. Tutto questo attraversando il suo percorso artistico dal diploma in Pittura fino ad oggi, soffermandoci sui progetti più recenti.

 

Alessandro Antonucci nel suo uliveto. Foto cortesia Corrado Nannarone

Alessandro vive in campagna coltivando la terra e raccogliendo le piante selvatiche. Ama lavorare all’aria aperta, sia al lavoro agricolo che alle sue opere.

Chiacchierando al telefono mettiamo a confronto la mia vita in città, circondata da qualche campo ma pur sempre con quotidiane visite alla grande Milano, a pochissimi chilometri, con la sua in campagna. No, lui non riuscirebbe a vivere in una metropoli. Abitare la campagna gli permette di vivere il più possibile la natura come uomo e come artista. Il suo rapporto con la natura è simbiotico, basato sul prendere e sul restituire. Non c’è strategia di mercato né speculazione: solo cicli stagionali, lavoro, dedizione e attenzione a cogliere i doni che spontaneamente  la natura offre.

Riporto il discorso sul versante storico artistico perché mi viene in mente che l’Abruzzo è una terra significativa per l’arte contemporanea. Proprio a qualche chilometro dalla casa-studio di Antonucci si trova Bolognano, il paese dove Joseph Beuys ha sviluppato i suoi interventi. L’artista tedesco vi si rifugiava periodicamente per motivi di riabilitazione ospitato dalla famiglia Durini. Con il supporto dei Durini ha poi realizzato diversi progetti.  Tra il 1972 e il 1985 ha realizzato l’azione In difesa della natura che ha coinvolto il territorio su vasta scala.

Antonucci ricorda poi il periodo accademico a Roma. Anni molto stimolanti grazie a importanti personalità come Lorenza Trucchi.

La storica dell’arte era in diretto contatto con gli artisti più importanti del Novecento (Duchamp, Dubuffet, Mirò e altri) e non risparmiava ai suoi allievi divertenti aneddoti. Il contesto artistico romano degli anni ottanta era immerso nel clima delle Transavanguardie e L’Arte povera riceveva l’ultima spinta.

Affascinato dai lavori dell’abruzzese Nunzio Di Stefano, di dieci anni più grande, decide di scrivere la sua tesi su di lui. Visita direttamente il suo studio per intervistarlo e vederlo lavorare. L’assistente di Nunzio era all’epoca l’artista molisano Carmine Tornincasa. Antonucci conserva il ricordo del loro primo incontro: Carmine nello studio di Nunzio annerito dalle combustioni, dopo aver trattato i legni di quercia con il fuoco. Lo conoscerà meglio più tardi divenendo di lui collega e amico. Le analogie con il lavoro di Di Stefano riguardano specialmente i materiali. Nei gessi di Di Stefano in particolare Alessandro ritrova le montagne della sua terra.

Sia Di Stefano che Antonucci si rifanno alla geometria plastica di Brâncuși. Una geometria, dice lo stesso Alessandro, che dà vita ad un modulo ritrovabile in natura, quindi rigoroso ma non freddo e lontano. Con il suo lavoro la geometria presente in natura viene mostrata attraverso i suoi meccanismi e le sue strutture.

Quando lavora con le forme regolari, il cubo ad esempio, c’è sempre un elemento che rompe la linea pulita della forma. La scelta deriva dalla necessità interiore dell’artista che porta a compromettere la perfezione di un equilibrio immobile, a favore di una vitalità organica.

 

Alessandro Antonucci, Quattro decimetri cubi di mondo, 2016,gesso alabastrino, legno di noce, 50x14x14 cm
Quattro decimetri cubi di mondo | 2016,gesso alabastrino, legno di noce, 50 x 14 x 14 cm

Paesaggi è una serie di opere realizzate in gesso e cemento. La necessità a cui questo lavoro risponde è quella di conoscere e avere coscienza della terra su cui camminiamo anche da un punto di vista geologico. Le varie opere vanno a comporre un geo-vocabolario con l’intento di documentare l’esistente senza irrigidirsi in una catalogazione.  L’artista cerca di carpire la lingua della terra.

 

Alessandro Antonucci, Paesaggio 1, 2016, gesso alabastrino, 30x30x14 cm
Paesaggio 1 | 2016, gesso alabastrino, 30 x 30 x 14 cm

Pur non agendo in modo pittorico Antonucci sente di dovere molto all’automatismo di derivazione dada e surrealista. Nelle sue opere questo pensiero dà origine a forme organiche. L’artista ama vedere la casualità apparente, che in realtà è risultato di un preciso codice della natura. Fare l’opera diventa osservare l’alchimia degli elementi.

In questo dialogo con la materia Antonucci crede fortemente che l’Arte sia un metodo di conoscenza. Il risultato finale assume significato perché frutto di un’esperienza. Conoscere è cercare e vedere la materia nel suo definirsi e mutare.

Intimità delle foglie è una serie di piccole sculture. La loro esecuzione ha permesso all’artista di cogliere attraverso il gesso alabastrino gli aspetti nascosti dell’anatomia della foglia.

 

Alessandro Antonucci | Intimità della foglia 3, 2017, gesso alabastrinoIntimità della foglia 3 | 2017, gesso alabastrino

Alessandro Antonucci | Intimità della foglia 8, 2017, gesso alabastrino
 Intimità della foglia 8 | 2017, gesso alabastrino
Alessandro Antonucci | Intimità della foglia 6, 2017, gesso alabastrino
 Intimità della foglia 6 | 2017, gesso alabastrino

Alessandro mi parla poi di Uliveti contemporanei, un progetto  site specific dello scorso anno curato da Lucia Zappacosta. Il luogo è l’antico uliveto di famiglia che comprende circa cinquanta ulivi secolari risalenti al Settecento. L’intervento ha avuto una lunga gestazione. Mi racconta che è stato necessario un allontanamento dal luogo, carico di memoria. È intervenuto poi l’occhio esterno ed esperto di Lucia. Il progetto è stato risolto con quattro installazioni fruibili all’interno di un percorso guidato dall’artista.

Uliveti contemporanei è stata spunto per una riflessione che mette a confronto l’esposizione in galleria e quella nell’ambiente rurale, affrontate entrambe nella carriera di Antonucci.

La prima in un certo senso è prevedibile e possiede delle dinamiche certe. La seconda mette veramente in discussione i visitatori e in dialogo le opere con uno spazio mutevole. Nelle gallerie l’ambiente è deciso. Nella natura esistono maggiori punti di vista, coinvolgimenti sensoriali e le prospettive e le distanze sono soggettive. L’esposizione nella natura è preparata da una sorta di ritualità ed è aperta allo stesso tempo ad una atmosfera mutevole e spirituale, dettata dall’agire dei visitatori al cospetto delle opere.

Alessandro descrive il luogo e il momento legato ad uno dei quattro interventi. C’è un punto, al confine dell’uliveto, in cui la zona coltivata incontra quella incolta del bosco fondendosi con esso. Un punto in cui si incontrano anche l’architettura umana dei muretti di pietra e quella della natura. Proprio in questa zona di confine indefinito è stata posta una piccola scultura, un calco di Isatis tinctoria. I visitatori si sono ritrovati in silenzio di fronte a questo omaggio alla natura.

Visitare una mostra in galleria implica volontà e intenzioni molto differenti dallo scegliere di camminare per quaranta minuti alla ricerca delle opere tra gli alberi.

Isatis | 2018; cemento, foglie di Isatis Tinctoria, pietre, tracce vegetali; 25 x 25 x 60 cm. Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)
Isatis | 2018; cemento, foglie di Isatis Tinctoria, pietre, tracce vegetali; 25 x 25 x 60 cm. Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)

Un secondo intervento all’interno di Uliveti contemporanei è Muschio. Un filo di lana di pecora (biologica)  è avvolto intorno ai tronchi di un ulivo. Il richiamo è nuovamente alla bellezza della semplicità. Il terzo progetto è RETA (Rivelatore estetico tracce animali). Una tela in cotone è rimasta stesa al suolo per diverse settimane a registrare i disegni creati dal passaggio degli animali. Sono rimaste solo le traccie a testimonianza di qualcosa che non si può più vedere e che l’arte ha invece registrato. Durante la visita era possibile vederla incorniciata e in verticale.

 

Alessandro Antonucci | Muschio, 2018, filo di lana su rami di ulivo, Uliveti contemporanei, Corfinio (AQ)
Muschio | 2018, filo di lana su rami di ulivo. Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)
Alessandro Antonucci | RETA (rivelatore estetico tracce animali). Tela di cotone, tracce animali, 130x250 cm
RETA (rivelatore estetico tracce animali) | 2018, tela di cotone, tracce animali, 130 x 250 cm. Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)
Alessandro Antonucci | La seconda vita delle foglie, 2018, cemento, rami di ulivo, 250 x 50 x 5 cm. In Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)
La seconda vita delle foglie | 2018, cemento, rami di ulivo, 250 x 50 x 5 cm. In Uliveti contemporanei, Raiano (AQ)

Il suo processo conoscitivo è rintracciabile in tutti i lavori specialmente nell’ultimo: Impressioni vegetali. Prendere le impronte è un modo per conoscere i meccanismi della natura.

Le opere sono un continuo mettere in moto che mima la vitalità della natura. Sono allo stesso tempo domanda alla natura e sua risposta.

Questo atteggiamento mette direttamente a contatto con la componente fisica e chimica della materia.

 

Alessandro Antonucci, Impressioni vegetali, 2018, terracotta, 18,5x18,5x2 cm cadauna, 61,5x40x2 cm
Impressioni vegetali | 2018, terracotta, 18,5 x 18,5 x 2 cm cadauna, 61,5 x 40 x 2 cm

L’argilla è un materiale usato di frequente dall’artista e viene raccolto talvolta da lui stesso in luoghi limitrofi al suo studio dove trova anche limo lacustre. L’argilla è utilizzata sia cotta che cruda, osservando la trasformazione della materia durante l’asciugatura. Il materiale che può sembrare più anomalo tra quelli usati da Antonucci, è il cemento di cui l’artista apprezza la plasticità e la capacità di adattarsi. Non si dà limiti, ma sceglie indistintamente materiali in cui può indagare in modo alchemico i meccanismi della natura.

 

Impressioni vegetali, 2018, terracotta, 14x25x2 cm cadauna. Ingombro totale 48x25x2 cm
Impressioni vegetali | 2018, terracotta, 14 x 25 x 2 cm cadauna. Ingombro totale 48 x 25 x 2 cm

“Vivere in natura vuol dire avere già a portata di mano i materiali” Alessandro Antonucci

Il senso di responsabilità nei confronti della sua terra natia si intreccia con la volontà di cogliere e agire nella bellezza dei segreti della natura. Questo è quello che, da lontano, riesco a distillare dal lavoro di Alessandro Antonucci. Anche se penso che coglierei molto di più andando a spasso tra gli ulivi.


Riferimenti:

http://www.alessandroantonucci.eu/Documenti/Portfolio%20Alessandro%20Antonucci%202018.pdf